Lavoratore in malattia o infortunio e svolgimento di altra attività. È legittimo il licenziamento?
Sempre più frequentemente si registrano casi di lavoratori licenziati poiché sorpresi da parte datoriale - il più delle volte per il tramite di apposite attività investigative - a svolgere altre attività ludiche, lavorative, ovvero di altro tipo, durante l’assenza dal lavoro per malattia o infortunio.
Presumibilmente tali situazioni sono divenute più ricorrenti per effetto dell’utilizzo dei social network, i quali delle volte, involontariamente, rivelano circostanze di luogo e di tempo prima sconosciute.
Ed allora risulta opportuno chiarire, alla luce della normativa di riferimento e della giurisprudenza chiamata a risolvere casi concreti, se e con che limiti il lavoratore assente dal lavoro per malattia o infortunio può svolgere, nel periodo di assenza, attività ludiche, lavorative, o di altro tipo, senza correre il rischio di essere licenziato.
Sul punto, è ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo non vi sia un generale divieto, per il lavoratore che goda di un periodo di malattia o infortunio, di uscire da casa e svolgere ulteriori attività.
Tuttavia la Cassazione, nel bilanciamento degli opposti diritti e doveri, ha delineato taluni principi che, in siffatte ipotesi, devono orientare i Giudici di merito nella valutazione circa la legittimità del licenziamento.
Tali principi sono stati ben delineati, di recente, con l’Ordinanza n. 11154 del 28.04.2025.
Con la predetta pronuncia la Corte, dopo aver ribadito che " non sussiste nel nostro ordinamento un divieto assoluto per il dipendente di prestare altra attività, anche a favore di terzi, in costanza di assenza per malattia, sicché ciò non costituisce, di per sé, inadempimento degli obblighi imposti al prestatore d'opera" , ha spiegato che " durante il periodo di sospensione del rapporto determinato dalla malattia permangono in capo al lavoratore tutti gli obblighi non inerenti allo svolgimento della prestazione; tra gli altri, anche gli obblighi di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c., oltre che gli obblighi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. ".
Pertanto, continua la Corte:" il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia non è circostanza disciplinarmente irrilevante ma può anche giustificare la sanzione del licenziamento, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifichi obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia nell'ipotesi in cui la diversa attività accertata sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza dell'infermità addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, sia quando l'attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore.
La citata Sentenza, dunque, traccia il perimetro entro il quale l’attività compiuta dal lavoratore in malattia o infortunio può ritenersi legittima e non contraria agli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà.
Nello specifico, in primis, va fatta una comparazione, in termini di compatibilità, tra questa (attività svolta) e l’infermità che ha determinato l’assenza; in secondo luogo dovrà esaminarsi se l’attività compiuta dal lavoratore durante l’assenza ha pregiudicato, ovvero avrebbe potuto, anche potenzialmente, pregiudicare, la completa guarigione ed il proprio rientro in servizio.
Concludendo, la legittimità di eventuali provvedimenti disciplinari, il più delle volte consistenti nel licenziamento per giusta causa, scaturiti da attività svolte dal lavoratore in periodi di assenza per malattia o infortunio, andrà valutata svolgendo una dettagliata analisi del caso concreto, tenuto conto delle peculiarità dello stesso.
Note: Ordinanza Corte di cassazione, Sezione Lavoro, n. 11154 del 28.04.2025